Gli editori e l’intelligenza artificiale: una partita rischiosa

Di Lazzaro Pappagallo – Giunta FNSI

Torniamo a discutere di intelligenza artificiale applicata al giornalismo.
Lo abbiamo fatto dopo la sua prima apparizione tra i servizi inseriti nella sezione economica del Corriere della Sera con il primo accordo tra Cairo, un grande editore nazionale, e OpenAI, l’azienda legata a Microsoft tramite l’intelligenza artificiale e modello ChatGpt.
Torniamo a farlo dopo l’annuncio dell’accordo tra il gruppo Gedi e la stessa azienda americana.


L’accordo doveva essere il fiore all’occhiello della Tech Week di Torino, vetrina spinta da Elkann per celebrare i nuovi felici approdi degli imprenditori eredi degli Agnelli e più in generale del capitalismo tricolore.Questi eventi sono stati il teatro finale della durissima vertenza tra la redazione di Repubblica e la direzione Molinari sull’intreccio tra informazione e pubblicità culminata con l’arrivo al vertice del giornale di via Cristoforo Colombo di Mario Orfeo.In questo vortice il passaggio dell’accordo Gedi-OpenAI si è un po’ perso ma forse è doveroso per noi giornalisti con forte vocazione sindacale cercare di intuirne qualcosa di più.

TRA INTUIZIONE E REALTA’


Dobbiamo parlare di intuizione perché sia i termini economici sia i termini materiali dell’accordo non sono stati svelati agli organi sindacali e alla redazione.Possiamo solo fare qualche congettura partendo dalle scarne informazioni rilasciate al momento dell’annuncio del matrimonio. 

Intanto si rendono “accessibili agli utenti di ChatGPT i contenuti in lingua italiana delle autorevoli testate del gruppo Gedi”. Gli utenti avranno accesso a contenuti, citazioni e link.Grazie al riconosciuto valore del giornalismo prodotto da Gedi – prosegue la nota – “la collaborazione permetterà di migliorare la rilevanza e l’accesso ai prodotti di OpenAI, inclusi ChatGPT e il prototipo SearchGPT, per gli utenti in Italia”. 

La nota chiude ricordando le opportunità nascenti da questa collaborazione applicabile a funzioni e prodotti basati sull’ìntelligenza artificiale, migliorando il modo in cui i lettori accedono e interagiscono con le notizie. 

Nessuno di questi passaggi deve essere trascurato pur nella genericità del comunicato.
La prima parte mette in vetrina il prodotto giornalistico realizzato da Repubblica e Stampa. Gli utenti di ChatGpt potranno trovare il contenuto di notizie verificate e pubblicate con criterio e rigore professionale.

Se il giornalismo tradizionale trova uno spazio di esposizione è naturale leggere la contropartita del gruppo statunitense.Sappiamo che l’attuale modello di intelligenza artificiale, nonostante la prodigiosa potenza di calcolo, soffra di due problemi: la mancanza di tempestività con gli aggiornamenti non sempre freschissimi e le allucinazioni. Se la prima questione forse può essere in qualche modo risolta da questi accordi resta la questione delle allucinazioni, tema sollevato dal New York Times nella sua causa proprio a OpenAI.
In realtà la macchina non ha colpe di queste allucinazioni. 

La macchina non fa altro per ora che applicare calcoli potentissimi ma statistici ai modelli linguistici con cui è nutrita nelle reti neurali.Avendo avuto accesso ai contenuti web e avendoli letteralmente saccheggiati nella stragrande maggioranza dei casi molto spesso le risposte alle domande degli utenti daranno risultati standard per via di link e contenuti identici. In alcuni casi e magari proprio in quelli caratterizzati dalle notizie giornalistiche questo passaggio manca.

L’intelligenza artificiale si comporta a nostro avviso ancora come un pappagallo stocastico, non ragiona, infila una dietro l’altra un elenco molto probabile di possibilità linguistiche associando una parola a quella seguente, concatenandole.

Non ne stiamo diminuendo la portata, semplicemente questo ci pare lo stato dell’arte e non ci facciamo trascinare dall’hype che sta popolando il fenomeno.Il risultato arriva con immediatezza nel giro di pochissimi secondi e in linguaggio naturale con una freschezza e un’interfaccia di grande persuasione.
Torniamo all’accordo.


Le notizie potranno essere lette anche in risposta ai prompt, alle domande rivolte a Chatgpt, che potrà dunque citarle per esteso, per sintesi e anche indicando i link, a scapito della concorrenza.
L’addestramento avverrà in italiano, che non è la lingua madre di modelli linguistici anglosassoni.


Così questi prodotti aumenteranno la rilevanza di ChatGpt, potremmo dire il rating dell’intelligenza artificiale aumentando la pertinenza e riducendo probabilmente le allucinazioni.
Già in questa fase possiamo però già intravedere lo scenario di business e di economia editoriale in fieri che riteniamo sia un grave errore.


Se le aziende editoriali forniscono il mio contenuto e quello di colleghe e colleghi a Chatgpt in cambio di euro imprecisati, stanno riproponendo uno schema ben vivo nel giornalismo digitale italiano e mondiale applicato a Google.Entriamo nel mondo Chatgpt e non ne usciamo.Portiamo la nostra merce, in questo caso le notizie, in quell’ecosistema senza che quell’ecosistema mi rispedisca nella vetrina di proprietà delle aziende sui siti.

Un dubbio che inizia a diventare certezza quando qualche riga dopo si fa riferimento alla vera posta in gioco, il motore di ricerca legato a ChatGpt, il Searchgpt, la vera sfida allo strapotere di Google (e di Gemini).Se il contenuto editoriale dell’azienda, in questo caso Gedi, finisce sul motore di ricerca legato all’intelligenza artificiale sarà ancora più remota la possibilità di far cadere l’utente sul sito di proprietà.

Esattamente come è accaduto per Google news e in passato per Instant articles su Facebook l’utente con i suoi dati, con la sua profilazione, il suo valore commerciale e pubblicitario resta nelle mani delle grandi piattaforme. Questa volta arricchite dall’intelligenza artificiale.L’ostaggio, amorevolmente accudito, non torna a casa. Non torna e non rimbalza sul portale di Repubblica e sulla Stampa. Non diventerà utente unico del sito con ritorno pubblicitario per la testata.
E’ stato uno dei grandi errori degli editori negli scorsi anni insieme alla gratuità delle notizie, che ha svilito il nostro lavoro ridotto ad una utilities, ese questo è il buongiorno temiamo che la storia possa essere colpevolmente riscritta allo stesso modo.Pochi soldi, maledetti e subito per sistemare i bilanci non possono ancora una volta far precipitare l’assetto economico del giornalismo italiano.

E IL SINDACATO? E I COLLEGHI?


Sia Cairo sia Gedi hanno condiviso un aspetto in queste mosse: il sindacato dei giornalisti va tenuto ai margini di questa partita.Noi non siamo luddisti, tutt’altro. Ma pensiamo che queste partite debbano essere giocate in un campo ben definito dalle regole generali statali ed europee ancora in via di definizione, con tutti i giocatori consapevoli della partita.Procedere per tentativi e aggiustamenti ci ha portato in una crisi infinita dove almeno in Italia proprio il valore economico dell’azienda editoriale è il convitato di pietra precipitato in un abisso insondabile.


C’è anche una questione più concreta, i diritti connessi.
In base al contratto di lavoro (articolo 14) i diritti connessi devono essere oggetto di trattativa e di resa economica con il sindacato e l’editoria digitale vive oggi di diritti connessi da negoziare con i colleghi più che di copie vendute.Infine la questione linguistica.

Le intelligenze artificiali non lavorano sulla verità di una notizia ma su probabilità accoppiate e intrecciate nella lingua. I singoli giornalisti quando sono assunti trasferiscono alle aziende editoriali il loro lavoro collegato alle notizie e non il senso grammaticale italiano. 

Siamo sicuri che per come funzionano questi giganteschi (e utili) assistenti virtuali – le intelligenze artificiali – conti il lavoro di un redattore ceduto ad una azienda editoriale e non la lingua del redattore? E siamo sicuri che la lingua del redattore sia stata oggetto di esclusiva, a sua volta cedibile, al momento della firma di un contratto di lavoro piuttosto che di una collaborazione come invece è certamente accaduto per la capacità di trovare ed elaborare notizie?


Una serie di riflessioni utili a non essere messi in un angolo e ad avanzare le nostre proposte a partire dall’imminente tavolo per il rinnovo del contratto di lavoro giornalistico.

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