Di Lazzaro Pappagallo giunta Fnsi
Dobbiamo intenderci su cosa sia la libertà di stampa.
Sappiamo tutti che se c’è una cosa che manca nel nostro sistema sono gli editori puri. Ma non sono solo questi la garanzia di una informazione libera e di un paese democratico.
Se fosse così l’Italia sarebbe un paese in libertà condizionata senza giornalismo professionale. Perché gli editori puri sono come le nevicate ad Agosto. Possibili ma in Italia molto improbabili.
Diventa ancora più grottesca la vicenda quando lo Stato (cioè tutti noi) nelle sue diverse articolazioni è editore.
Il Mef in particolare partecipa a vario titolo a due aziende editoriali: la Rai con i suoi 2mila giornalisti e l’Agi tramite Eni (perché questa resta ancora oggi la filiera detenendone Mef la quota di maggioranza relativa) con i suoi 70 giornalisti.
Il ministro Giorgetti all’imbarazzo per la vicenda Angelucci, un collega di partito aspirante editore anche dell’Agi tramite l’ex direttore Mario Sechi, arriva a sostenere questa tesi: “E’ questione di per sé delicata che una società partecipata dallo Stato possegga una Agenzia di stampa, poiché questo potrebbe alimentare dubbi sulla effettiva libertà di informazione”.
La storia recente e meno recente dell’Agi dimostra tutt’altro.
È evidente che la presenza in Agi di Eni nasca per motivi strategici legati al business principale dell’azienda petrolifera e alla sua presenza sui mercati interni ed esteri ma sfidiamo chiunque a dimostrare che le colleghe e i colleghi dell’Agi in questi anni non abbiano rispettato con profondità, coerenza ed onestà i loro doveri di imparzialità ed equilibrio per coprire tutte le notizie.
Se il ragionamento del ministro dovesse valere sempre dovremmo mettere in discussione anche la storia della Rai.
Nonostante un CdA a trazione governativa parlamentare, in pochi mettono in discussione il lavoro appassionato e corretto di migliaia di colleghi nei tg e nei programmi.
In attesa di leggi incisive sui conflitti di interesse e sulla governance Rai in linea con le recenti norme europee che rendano più difficile mescolare interessi editoriali ad altri di diversa natura, Giorgetti, da capace ministro dell’Economia, dovrebbe invece superare i propri imbarazzi di partito e rispondere a questa domanda: è possibile che il titolare di una infrastruttura pubblica come una agenzia di carattere nazionale grazie alla recente modifica legislativa possa coincidere con il titolare editore di giornali (o radio o tv sarebbe esattamente la stessa cosa)? Cioè il titolare della dorsale della informazione può coincidere con il titolare dell’ultimo miglio? Terna può coincidere con Enel? Non si sta separando Tim dalla rete? Garantisce di più la libera informazione un editore pubblico o uno privato, già editore di giornali?
Ministro, questo imbarazzo può essere eliminato facilmente archiviando per la ragioni esposte la proposta di Angelucci.