di Alessandro Gaeta, giornalista Tg1 e componente di segreteria ASR
L’agibilità sindacale è un tema che di solito riguarda la possibilità di svolgere attività sindacale sul luogo di lavoro. Quando un problema di agibilità si manifesta nell’ambito di un’associazione sindacale la faccenda si fa molto più seria perché il sindacato, per sua natura, dovrebbe essere un luogo di dibattito. E quando il dibattito viene coartato e l’assemblea viene chiamata ad esprimersi in maniera spontaneista, occorre parlare -purtroppo- di limitazione della democrazia sindacale.
Fatta questa premessa andiamo al cuore della notizia. I protagonisti sono, da una parte, segretario ed esecutivo Usigrai e, dall’altra, il Cdr della Direzione Approfondimento, un conglomerato che comprende tutte le trasmissioni giornalistiche della Rai non riconducibili ai telegiornali. Il luogo dei fatti è un convento di Sacrofano chiamato Fraterna Domus dove il 14 e il 15 novembre si è riunita la conferenza dei cdr della Rai. L’oggetto del contendere è l’applicazione dell’accordo sindacale per il cosiddetto “giusto contratto”, che ha portato all’assunzione di 250 giornalisti senza però dare vita ad una testata giornalistica.
Una soluzione di ripiego che più il tempo passa e più si rivela una sorta di coperta strappata. Innanzitutto perché in questo conglomerato non si rispettano né le regole del CNLG né la legge sulla stampa. Al vertice di questa struttura bifronte che fa giornalismo ma non è giornalistica c’è un direttore che non è “responsabile” di quanto viene pubblicato; il suo nome e la sua firma non sono state depositate in tribunale come prevede la legge e come accade per qualsiasi testata, anche la più piccola.
Per cercare di mettere una toppa sul buco, uno dei vicedirettori di questa struttura è stato nominato con una fantasiosa denominazione “figura giornalistica di riferimento”. Una delega che non riguarda i contenuti delle trasmissioni ma esclusivamente i rapporti con l’organismo sindacale. In una situazione del genere, per paradosso, si potrebbe arrivare all’autore di un servizio denunciato per diffamazione che ne risponde da solo in tribunale senza che al suo fianco ci sia il responsabile dell’effettiva pubblicazione. Non solo: la cosiddetta “figura giornalistica di riferimento” esercita i suoi (pochi) poteri solo in alcuni programmi della direzione.
Altri, quelli “fuori perimetro”, non sono ritenuti dall’azienda programmi giornalistici (ma allora che ci stanno a fare dei giornalisti dentro?) Ma queste non sono le uniche “stranezze” che afferiscono a questa creatura. In molte trasmissioni di approfondimento giornalistico ruoli di responsabilità sono di norma affidati dall’editore Rai ad autori non giornalisti, dando vita ad un’altra situazione paradossale che è quella di giornalisti diretti da non giornalisti. Alla faccia dell’autonomia e delle garanzie che la legge del 1948 (una delle prime leggi promulgate dal Parlamento della Repubblica Italiana) ha posto a tutela della nostra professione.
Non stiamo parlando dunque di quisquilie ma di problematiche molto serie che hanno anche una ricaduta sui diritti dei singoli giornalisti (non solo in Rai ma anche fuori, considerato che questi modelli di deregulation sono molto graditi agli editori privati). Parliamo dell’assenza di regole che spalanca le porte dell’azienda Rai alle scorribande di politica e poteri forti, scorribande che si manifestano in particolar modo con le prime utilizzazioni nei programmi di approfondimento e che allungano senza fine le liste dei precari. Parliamo del diritto ad esercitare correttamente e in autonomia la nostra professione, del diritto ad una carriera dignitosa e di tutte le tutele che il CNLG pone a garanzia di tutti i giornalisti contrattualizzati.
Intendiamoci, tutto questo nasce con l’intento positivo di regolarizzare i tantissimi precari che lavorano per la Rai. L’accordo del 2019 per il cosiddetto “giusto contratto” ha già prodotto 250 assunzioni a tempo indeterminato (non sono poche) mentre altri 230/250 giornalisti della cosiddetta “Fase 2” sono in attesa di essere regolarizzati. Purtroppo il tavolo con l’azienda per la loro assunzione, dopo mesi di rinvio, si è aperto e subito interrotto. E questi colleghi hanno per tutta risposta “autoconvocato” una assemblea con oltre 130 precari annunciando iniziative di lotta (assente l’Usigrai, pur invitata).
Tuttavia il problema del contenitore resta, tanto per i giornalisti già assunti che per quelli ancora da assumere, il cui numero -stagione dopo stagione- è in continuo aumento. E poiché i giornalisti della Direzione Approfondimento a quattro anni dalla firma dell’accordo si avviavano ad un’ennesima stagione televisiva senza un’organizzazione del lavoro basata sulle regole del contratto, è scoppiata la rivolta. Il nodo è la creazione di un certo numero di capiservizio e l’affidamento dell’incarico di inviato ad alcuni redattori ordinari. La Rai ne fa una questione di costi, il cdr di organizzazione del lavoro che alla Direzione Approfondimento è basata principalmente sul lavoro fuori sede .
Non si tratta solo di dare soddisfazione ad aspirazioni di carriera più che legittime ma di mettere le basi per la realizzazione di un contenitore solido dove i giornalisti, in particolar modo quelli che fanno lavoro d’inchiesta (perché, in buona parte, di loro stiamo parlando) possano lavorare in autonomia e con tutte le garanzie. Tuttavia i problemi sollevati dal cdr non sembrano trovare ascolto presso i vertici dell’Usigrai che ancora non hanno risposto alle richieste di incontro che la rappresentanza di base ha rivolto loro nell’ultimo mese.
Per gli esponenti del sindacato Rai ogni critica all’impianto dell’accordo sul “giusto contratto” suona come inaccettabile: quello che conta sono le assunzioni, tutto il resto piano piano si aggiusterà. Un atteggiamento che la maggioranza dei giornalisti della Direzione Approfondimento, dopo aver appreso che le proposte che venivano dalla Rai erano di gran lunga inferiori alla necessità reali, il 18 ottobre con un’assemblea molto partecipata ha dato all’unanimità pieno mandato al cdr nella conduzione della trattativa, preannunciando anche azioni di lotta a sostegno della piattaforma.
È in queste condizioni, con i giornalisti precari ancora non assunti che premono alle porte (e che mal digeriscono l’atteggiamento troppo prudente assunto nei confronti dell’azienda dal sindacato) e con un dialogo ridotto ai minimi termini tra l’organismo di base della Direzione Approfondimento e il segretario dell’Usigrai che si è arrivati alla Conferenza dei Cdr del 14 e 15 novembre.
All’ordine del giorno c’era in via principale la questione della minacciata riduzione del canone Rai ma, come è ovvio che sia, tutto ciò che attiene alle relazioni con l’azienda non può non essere discusso e affrontato dall’assemblea generale di tutti i comitati di redazione. A maggior ragione adesso in cui il dialogo tra vertici e base è essenziale per la tenuta stessa del sindacato Rai alle prese con il rischio di tagli importanti agli introiti dell’azienda di servizio pubblico.
Eppure la richiesta di presentare delle mozioni che arricchissero il documento finale raccogliendo anche le istanze che venivano dai giornalisti dell’Approfondimento è stata respinta dalla presidenza senza sondare l’opinione dell’Assemblea.
Alle (giuste) proteste di due membri del cdr, costretti a rivolgersi al segretario di Stampa Romana per segnalare la crisi di rapporti con il sindacato di riferimento, è seguito un lungo comunicato dell’esecutivo Usigrai che invece di aprire al dialogo prende di mira non tanto l’organismo ma i due componenti più attivi invitandoli a rispettare le regole della democrazia. Una reprimenda ad personam che di democratico ha davvero molto poco e che rappresenta la ciliegina su una torta mal riuscita venduta come un capolavoro di alta pasticceria.