Siamo alla vigilia di un nuovo congresso dei giornalisti del servizio pubblico radiotelevisivo nuovamente riuniti in una sigla unitaria dalla rifondazione statutaria di Assisi del 2008. In un tempo che per i cambiamenti avvenuti nella professione sembra appartenere al secolo scorso, tredici mesi dopo fu sottoscritto l’ultimo contratto integrativo: era il 5 maggio 2009. Da allora il nostro mondo è cambiato, è cambiato il modello produttivo, è cambiata la struttura stessa dell’informazione, ma il nostro contratto no, è sempre quello di dodici anni fa.
Dodici anni che hanno visto un gruppo dirigente abbandonare completamente lo sviluppo di una cultura sindacale tra i più giovani e scoraggiare la voglia di partecipazione per limitarla a chi risiede entro i confini del consenso.
Auspichiamo che si possa recuperare un’unità di intenti o quantomeno si faccia apprezzare la ricerca di comuni denominatori dimenticata da una gestione profondamente divisiva che non ha mai voluto assumere realmente la tutela di tutti.
Ci adopereremo per questo valutando l’adeguatezza delle risposte per rilanciare ragioni sindacali dimenticate anche con l’avallo della Fnsi con cui l’Usigrai ha spesso scambiato autoreferenziali riconoscimenti per politiche risibili e di fatto inefficaci rispetto alla sfida del cambiamento.
Del contratto mai rinnovato abbiamo detto. Omissione seguita a concessioni fatte a costo zero a un’azienda neanche in grado di controllare, per esempio, l’effettività del lavoro notturno senza ricorrere al controllo orario, mediante cartellino, che non ha o ha pochi marginali riscontri nel mondo dell’editoria. Per non dire delle decine di migliaia di euro sottratte di fatto ai giornalisti con incarichi apicali rimodulando un’indennità di fissa fino a qualche tempo fa erogata regolarmente senza ritardi dalla Rai, che aveva un fondo diverso e non in crisi diversamente da quello della carta stampata. Senza ottenere dall’altra parte vantaggi significativi per i neoassunti.
Troppe volte l’USIGRai ha abbaiato alla luna su temi che davano solo vacua visibilità mediatica, tiepida è stata invece la battaglia per una diversa legge sulla governance dell’azienda. Si è arrivati alla burletta di chiederla con manifestazioni in piazza, solo dopo l’intervento dell’Ordine dei giornalisti e soprattutto dopo aver pubblicamente annunciato il sostegno, sulla base delle regole in vigore, al rappresentante dei dipendenti uscente.
Ci sono redazioni a cui si riservano premurose attenzioni e altre trascurate, mentre permane rigorosamente lo stesso modello organizzativo di diversi lustri fa. Sul punto nulla è stato concretamente sollecitato e nulla è accaduto. Così come il web è, per un’azienda che si sarebbe dovuta trasformare in multimediale, un mondo quasi sconosciuto per le espressioni giornalistiche.
A questo panorama desolante va aggiunto lo svilimento della professione di tanti colleghi, la supina accettazione della riduzione dei budget, la farsa dei job posting, l’ignava acquiescenza nella cancellazione di autonomia delle line rispetto ai desiderata della direzione, lo smantellamento della funzione degli inviati e della relativa specializzazione dei colleghi, con il conseguente imbarbarimento dell’informazione prodotta.
Va immediatamente cambiato questo clima di profonda sfiducia che si è innescato, persino appesantito da timori da parte di chi preferisce il quieto vivere in un sindacato che concede e cogestisce.
La nostra sfida riguarda anche decine di colleghi neoassunti, per i quali bisogna definire percorsi non opinabili di trasferimenti e crescita professionale, e i colleghi del cosiddetto “giusto contratto”, abbandonati al loro destino nelle reti e per i quali è necessaria la costruzione di line e rapporti con le testate.
L’Usigrai deve avere l’orgoglio di rappresentare tutti i giornalisti del servizio pubblico, fondamentale per la democrazia, ma anche la responsabilità di garantire pluralità di visioni pur in un contesto di sindacato unico.
Per questi motivi si costituisce pertanto il gruppo aperto “Noi Giornalisti Rai”, chiamando a raccolta quanti non si identificano con l’attuale maggioranza sindacale e ritengono sia il momento di tentare di restituire dignità e pluralismo all’USIGRai, per recuperare il senso di comunità, “diritta via smarrita”.
Noi Giornalisti Rai
p.s. per info:
Romolo Sticchi
Umberto Avallone