Ora è stabilito. Per l’Ordine nazionale e regionale si voterà il prossimo 15 novembre. In questi giorni è arrivato l’annuncio via Pec a tutti i colleghi iscritti all’Ordine del Lazio con una nota della presidente Paola Spadari.
Il buon senso alla fine ha prevalso. Sarebbe stata, infatti, una scelta sciagurata e offensiva per i colleghi portarli a votare per ben quattro volte (due a ottobre per il Consiglio regionale e due a novembre per eleggere il Consiglio nazionale dell’Ordine) e questo nel giro di soli 45 giorni. E non solo per le spese per le elezioni raddoppiate, ma anche perché sarebbero raddoppiati i rischi per l’emergenza Covid. Senza considerare che così si obbligherebbero i colleghi a raggiungere per ben quattro volte il seggio non proprio agevole al Circolo Montecitorio. Con il prevedibile effetto di svilire ancora più l’esercizio del voto e la partecipazione democratica alla vita dell’Ordine.
Ma non possiamo non rilevare come con quella Pec la presidente dell’Odg Lazio non si sia limitata alla comunicazione istituzionale del rinvio, un atto dovuto ai colleghi. Invece che una oggettiva ricostruzione dei fatti ha preferito veicolare giudizi e sue ricostruzioni sulla “vicenda elezioni”. Insomma, ne ha fatto una tappa ulteriore dello scontro con il presidente del Cnog Carlo Verna sullo slittamento del voto. Non entriamo nel merito, ma rileviamo l’evidente risentimento con cui si è adeguata alle indicazioni sul voto a novembre e solo dopo un pronunciamento chiaro in proposito del ministero di Giustizia.
Più che un invito ai colleghi a guardare avanti e ad andare con serenità al voto, Spadari ha utilizzato la sua comunicazione via Pec per veicolare la sua ricostruzione, esprimendo disappunto per la scelta che alla fine ha deciso di seguire. Pare evidente che senza il parere del Ministero avrebbe preferito tenere il punto, evitare l’allineamento e chiamare ai seggi quattro volte i colleghi. Meno male – lo ripetiamo – che alla fine abbia prevalso il buon senso.
Eppure come non rilevare un uso poco istituzionale di uno strumento di comunicazione “ufficiale” come la Pec dell’Ordine. Spadari avrebbe dovuto e potuto veicolare altrove le ragioni della sua polemica con Verna. Così, invece, si confondono piani e ruoli. Si lede l’autorevolezza di chi rappresenta tutti i giornalisti del Lazio e dello stesso Ordine che dovrebbe essere distante dalle polemiche spicciole. Tanto meno alimentarle.
Preoccupa anche la sottovalutazione dell’emergenza Covid, sempre pesante anche nella nostra Regione, che andrebbe affrontata con senso di responsabilità e con il massimo di solidarietà in particolare verso i colleghi più esposti al rischio contagio. Anche nei territori più colpiti e minacciati.
Per questo è sembrata fuori posto una reazione così violenta e tra l’altro inutile contro uno spostamento del voto di soli 45 giorni che non rappresenta certo un attacco alla democrazia.
La drammatizzazione toglie serenità, rende più difficile il confronto sui percorsi di riforma della legge professionale cui siamo chiamati per far fronte alla drammatica situazione dell’informazione nel nostro Paese. Dedichiamo a questo le nostre energie. Sarebbe più utile. Il voto è importante ma per confrontarsi su contenuti precisi. Per ridefinire i contorni di una professione che è già radicalmente cambiata. Per accogliervi le figure della rivoluzione digitale, definendone tutele e obblighi deontologici. Perché non si può difendere solo quello che si è stati, ma gestire la trasformazione e non solo per far fronte ai problemi dell’Inpgi.
C’è il nuovo con cui misurarci, ma anche quello che da tempo è drammaticamente noto. Quindi fare i conti con precarietà, disoccupazione e sfruttamento. Con un lavoro giornalistico sempre più esterno alle redazioni a cui dare tutele e dignità. Quindi esercitare un’azione robusta di contrasto all’esercizio abusivo della professione, ma anche aprire le porte ai giovani. Garantire un sostegno concreto a tutti i cronisti minacciati o che si vedono intimoriti dalle querele temerarie o dalla minaccia del carcere. Sono questi punti in agenda da tempo. Sarebbe ancora più stringente un richiamo forte, costante e coerente dell’Ordine a tutela della solidarietà dentro le redazioni, chiamando alla loro responsabilità i direttori che devono impegnarsi contro l’utilizzo del lavoro nero, sottopagato o abusivo. Se fondamentale è il raccordo con l’azione del sindacato sul territorio, lo è anche l’autonomia dell’Ordine per le precise competenze che la legge gli attribuisce. Allora Spadari spieghi ai colleghi e alle colleghe cosa ha fatto l’Ordine del Lazio. Se è stato “casa di vetro” per tutti, gestito in modo trasparente e collegiale, non personalistico. Autonomo anche se in rapporto con gli altri istituti della categoria.
Come si sono affrontate le politiche di accesso alla professione, la tenuta degli albi? Cosa si è fatto, ad esempio, per l’introduzione del voto elettronico? Come si è sostenuto nei fatti la riforma dell’Ordine all’esame del Parlamento?
Piuttosto che astio e polemiche sarebbe molto più utile, senza arroganze fuori posto, dar conto con sincerità oltre che dei buoni risultati raggiunti anche degli insuccessi, delle eventuali difficoltà incontrate o dei limiti normativi da superare insieme. E con questo bilancio vivo, aperto al nuovo, che vorremmo misurarci. Ci siamo impegnati per una riforma vera dell’Ordine.
Lo vorremmo luogo di confronto e sperimentazione, di tutela della professionalità e della dignità di tutti e soprattutto del diritto dovere alla buona informazione: quella libera, autonoma e verificata. Perché, non dimentichiamolo mai, sono e rimangono i cittadini i nostri principali referenti.