di Loredana Colace
Qualche giorno fa il governo ha pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto Rilancio che stanzia 55 miliardi di euro a vario titolo; di questa cifra una parte considerevole e’ destinata alle imprese, ivi comprese le imprese dell’editoria. che hanno già dato segnali chiari di volerne usufruire fino all’ultimo centesimo. Giusto, la crisi ha colpito tutti. Ma esiste un punto che a noi pare importante soprattutto alla luce delle politiche messe in atto prima che sopraggiungesse l’emergenza Covid.
Ci riferiamo al continuo ricorso a stati di crisi che hanno colpito duramente le redazioni, le prime – e spesso le sole – ad averne pagato il prezzo più alto sia in termini di organici con il conseguente aumento dei carichi di lavoro sia in termini economici e con evidenti difficoltà a mantenere una qualità dell’informazione all’altezza del ruolo. Noi siamo convinti che questa prassi debba essere cambiata: i soldi che arriveranno o sono già arrivati devono essere investiti a favore di chi lavora e non solo per distribuire i dividendi alle aziende.
La vicenda dell’Ansa, la prima agenzia italiana di informazione primaria internazionale, scesa in sciopero nei giorni scorsi per 48 ore contro l’ennesimo scenario di crisi si inserisce in questo contesto ed e’ dall’Ansa che – a nostra avviso – si può e si deve ripartire per invertire la tendenza. I redattori dell’Agenzia, attualmente 267 in tutto, riuniti in assemblea hanno rispedito al mittente il piano proposto dall’AD Stefano De Alessandro, perché dopo anni di stati di crisi, veri o presunti, che hanno ridotto in 15 anni della metà il corpo redazionale, metterebbe seriamente a rischio la capacità dell’Agenzia di assicurare un notiziario qualitativamente e quantitativamente adeguato alle esigenze del Paese soprattutto in un momento come questo nel quale una informazione corretta e tempestiva è fondamentale ad ogni singolo cittadino.
De Alessandro ha ipotizzato, a causa del Covid, un calo dei ricavi che si aggirerebbe intorno ai 4-5 milioni da qui alla fine dell’anno. Per rientrare l’azienda vorrebbe mettere in cig per 24 giorni in sei mesi tutti i redattori (4 giorni al mese ciascuno), prevederebbe il blocco dei contratti a termine che sarebbero dovuti partire in luglio per le pagine pronte, lo smaltimento di 500 giorni di ferie arretrate da qui a dicembre e la decurtazione del 25 per cento degli stipendi dei circa 80 collaboratori cococo, molti dei quali in attesa da anni di una regolarizzazione.
Si’ perché a fronte di un numero significativo di prepensionamenti (dal 2005 180 uscite circa) le assunzioni non sono state sempre adeguate. alle uscite volontarie non sempre sono corrisposte nuove assunzioni. Tutto ciò in assenza della presentazione al cdr dei conti che dovrebbero dimostrare l’effettivo ammanco.
Oltre ai due giorni di sciopero già proclamati, i redattori dell’Ansa hanno affidato al cdr altri 10 giorni a testimonianza del fatto che colgono tutta la gravità del momento e sono stanchi di vedere depauperato il patrimonio che questa Agenzia rappresenta. Lo hanno detto bene in molti fra i redattori dell’Ansa, che anche durante l’emergenza non si sono mai fermati, sono andati avanti – spesso quasi ” in automatico” per un mestiere consolidato e seriamente acquisito – garantendo che il notiziario uscisse sempre e comunque e in qualsiasi condizione data. In questo frangente con i mezzi propri perché l’azienda non ha potuto fornire il proprio apporto.
E’ talmente vero che le dimostrazioni di solidarietà sono state letteralmente una valanga a cominciare dal Presidente del Consiglio Conte il quale proprio nella conferenza stampa di presentazione del decreto Rilancio si e’ espresso per una soluzione della questione. Anche il presidente dell’Ordine nazionale, Carlo Verna, ha espresso la sua preoccupazione cosi’ pure la Fnsi e l’Usigrai oltre a ministri e politici di tutti gli schieramenti, associazioni sindacali, i comitati di redazioni di innumerevoli altre testate, associazioni, altre istituzioni. Insomma e’ sotto gli occhi di tutti che il flusso continuo di notizie dell’unica agenzia di stampa internazionale italiana non possa essere messo in pericolo. E anche il crescente numero di accessi al sito sta a dimostrarlo. Ci si chiede cosa veramente ci sia nella testa dell’azienda dato che i conti dell’Ansa dopo l’ultimo piano di solidarietà che si e’ concluso nel dicembre 2018 erano in ordine e a breve ben 50 poligrafici saranno mandati a casa. Arrivano poi altri finanziamenti che saranno garantiti fino al 2021. E allora? Il sospetto è che ci sia una corsa alle agevolazioni in campo ma senza una strategia.
In tempi non sospetti ma quando già il sistema delle agenzie nel suo complesso accusava il colpo di editori sempre più impauriti e poco propensi a investire e rischiare in proprio, (affezionati a una unica parola d’ordine “tagliare il costo del lavoro” ) si è profilato un percorso – condiviso da Infofuturo – di una legge di sistema; le agenzie di stampa con il sostegno dello Stato siano un servizio pubblico. E’ un discorso da riprendere attraverso un confronto stretto con le forze politiche.
Ma tornando all’oggi e all’Ansa, questa ennesima crisi annunciata pone un vecchio nodo: l’assetto societario. L’Ansa è una cooperativa e il suo consiglio di amministrazione e’ composto dalle principali testate italiane (23 in tutto), che spesso dimostrano di vedere nell’agenzia un “nemico” con il quale competere per vendere più copie. Peccato che nel dna dell’Ansa vi fosse e vi e’ il fatto che con il continuo flusso di notizie da tutto il mondo, non solo dall’Italia, si assicuri all’opinione pubblica una costante, diffusa e indipendente informazione.
Che e’ quanto distingue uno Stato democratico da uno Stato che non lo e’. Ricordare in che modo l’Ansa abbia tenuto fede a questa missione richiederebbe molto tempo, ma tutti sanno che l’Ansa è stata sempre presente a raccontare anche quando gli organici si impoverivano e i cosiddetti “prodotti” aumentavano. Gli editori che compongono il cda dell’Ansa nel tempo hanno dimostrato di avere perso di vista il valore intrinseco del notiziario dell’agenzia e oggi l’ennesima minaccia che grava sulla redazione lo conferma.
Per questo i giornalisti hanno detto basta e sono determinati a difendere questo patrimonio che certo sarebbe messo a serio rischio da ulteriori ridimensionamenti. Noi siamo convinti che sia giunto il momento – come dicevamo all’inizio – di proporre qualcosa di nuovo investendo invece di tagliare, percorso quest’ultimo peraltro dimostratosi fallimentare. E per farlo bisogna avere una visione di prospettiva di lunga durata. Pensare che con il ricorso ai prepensionamenti o alla Cig Covid o a altri provvedimenti simili ci si possa “salvare” oggi denuncia chiaramente tutti i suoi limiti. Per l’Ansa e l’informazione primaria che essa garantisce tutti devono fare la propria parte. E’ arrivato il momento che gli editori facciano la propria. i giornalisti hanno già dato.