Siamo arrivati agli insulti da trivio e alla minaccia di una legge che metta in riga gli editori. Ora mai è chiaro a tutti. Il vicepremier e ministro del lavoro Luigi Di Maio e i vertici del Movimento Cinque Stelle hanno deciso di lanciare una vera e propria campagna contro il sistema dei media in Italia. Sotto tiro testate, editori e giornalisti. Fnsi e Odg hanno risposto con la mobilitazione di martedì 13 novembre. In tante città italiane flash mob #GiùLeManiDallInformazione dalle ore 12 alle 13. Oltre ai giornalisti ci saranno in piazza associazioni, cittadini, la società civile e realtà che troppo spesso non hanno voce. Ci auguriamo che tutto il mondo del lavoro dia la sua adesione a questa battaglia democratica. Noi giornaliste e giornalisti di “perunsindacatodeigiornalisti Informazione@futuro” ci saremo con convinzione e determinazione. Ma senza demagogie e nella chiarezza. Più che gli insulti che vanno stigmatizzati quello che ci preoccupa, va denunciato e fermato sono gli atti di governo che colpirebbero al cuore il pluralismo dell’informazione nel nostro Paese, come la cancellazione del fondo per i giornali cooperativi e di idee. Rischiano e molto, infatti, quotidiani storici come Il Manifesto e Avvenire, tutta la filiera dei giornali diocesani e le testate locali “cooperative”, spesso l’unica voce dei territori.
La bonifica del settore dalle false cooperative è stata fatta. Si colpiscano le eventuali irregolarità, ma non si cancelli una realtà editoriale che in molti casi rappresenta un presidio di pensiero autonomo e critico nei confronti del potere economico e politico.
In tempi di comunicazione globale e digitale è ancor più importante tutelare il pluralismo, l’autonomia e la qualità dell’informazione. E’ un bene essenziale per la democrazia che – come ha sottolineato recentemente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – è compito delle istituzioni tutelare.
Ora sotto attacco non è soltanto una testata o un gruppo editoriale “sgraditi”. Non sarebbe una novità. E’che siamo al tentativo di imporre per legge una visione ideologica e semplificata del sistema dei media. Il punto è che il vice premier Di Maio e il sottosegretario all’editoria Crimi credono esclusivamente nella forza dell’informazione affidata all’algoritmo, considerano la democrazia digitale superiore ad ogni altra forma di rappresentanza, ritengono inutile ogni intermediazione giornalistica. Ma l’informazione è cosa diversa dalla comunicazione via twitter e la democrazia dal cliccare un “mi piace”. Così si finisce per ledere diritti fondamentali, come quelli sanciti dall’articolo 21 della Costituzione. Si cancella il presente senza costruire il futuro.
Il settore vive da tempo una crisi grave. E’ necessario richiamare alle loro responsabilità gli editori, che in questi anni hanno beneficiato di agevolazioni e contributi puntando più al taglio del costo del lavoro e alla precarizzazione dei giornalisti che all’innovazione e alla qualità. Ma è necessario un confronto vero, dialettico, con i soggetti che operano nel settore per individuare percorsi e soluzioni reali.
Lo dobbiamo chiedere e imporre, coinvolgendo tutte le realtà interessate alla difesa del pluralismo dell’informazione, alla sua libertà e autonomia, da tutelare anche con l’impegno e la professionalità di chi fa informazione.
Roberto Monteforte, portavoce di Informazione@futuro