Ora la domanda che tutti si pongono con una sorta di desolata apprensione è: “Sarò rientrato fra quelli ai quali sarà liquidata – seppure dimezzata – la ex fissa?”. Entro fine mese la risposta arriverà: lo hanno assicurato lo scorso 19 marzo 2018, nel corso della riunione di giunta Fnsi dove, tra i diversi argomenti all’ordine del giorno, si è fatto anche il punto sull’argomento. Dunque – dicevamo – entro la fine di marzo sarà recapitata la fatidica lettera (la seconda e speriamo più dignitosa della prima) con la quale i colleghi potranno avviare la pratica di liquidazione.
Le opzioni arrivate alla Commissione paritetica Fnsi-Fieg entro il 31 dicembre 2017 sono state complessivamente 1027 su 1948 colleghi aventi diritto. Non tutti i 1027 giornalisti prepensionati e pensionati però potranno portare a casa il 50 per cento del loro capitale perché i soldi nelle casse del fondo ex Fissa presso l’Inpgi non sono sufficienti. Si arriverà – è stato assicurato – dove si può, seguendo un rigoroso criterio cronologico a partire dal 2010 fino al secondo semestre del 2017.
Cambierà il discorso se i ministeri vigilanti sbloccheranno quei 23 milioni di euro che in base all’accordo contrattuale del 2014 l’Istituto di previdenza dei giornalistici era impegnato a prestare per questo scopo agli editori. Con quei 23 milioni dovrebbero essere soddisfatte le richieste di quanti sono rimasti fuori.
DA APRILE LE PRIME LIQUIDAZIONI
In Aprile si potrebbe cominciare a liquidare. E per parecchi la vicenda ex fissa sarà definitivamente chiusa.
Stampa romana in un incontro alla Fnsi aveva chiesto che nella lettera che arriverà ai colleghi entro fine marzo fossero date le informazioni più utili a valutare con cognizione di causa i pro e i contro, ma soprattutto che fosse dato al collega convocato per chiudere l’accordo il tempo necessario per consultare un legale o un proprio fiduciario prima di firmare il verbale di conciliazione definitiva.
Per quanti rimarranno ancora intrappolati tra le maglie di questa complessa storia ci sarà ancora da soffrire. Dovranno aspettare – come dicevamo – la decisione dei ministeri vigilanti e nel frattempo (stesso discorso dovrebbe valere per i nuovi, cioè i prepensionati e per i pensionati che sono stati mandati a casa dal primo gennaio 2018 e hanno maturato i requisiti entro il 2014) dovrebbero ricevere una rata annuale uguale per tutti di 3 mila euro lordi.
SI E’ FATTO IL POSSIBILE?
Portiamo a casa un risultato? Abbiamo salvato il salvabile? E ancora, abbiamo difeso un diritto? E’ difficile rispondere a queste domande. Anche per me che ho seguito personalmente la questione per Stampa Romana oltre che esserne stata “vittima” e vi garantisco è stato sfibrante e deprimente. Sono convinta che forse si è fatto il possibile, soprattutto l’attuale gruppo dirigente del sindacato, ma troppo tardi e con scarsa convinzione se è vero che molti non ritengono che si tratti di un diritto negato.
Mi riferisco in particolare a quello che io definisco “accordo scellerato”, il contratto nazionale firmato nel 2014 con il quale si è ridotto questo istituto contrattuale ad una specie di prebenda elargita a un gruppo di privilegiati. Ho sentito ripetere spesso in questi mesi che la ex fissa è “fuori tempo massimo”, che è un istituto anacronistico se si pensa che la nostra categoria è afflitta dal precariato che – va ricordato – è un risultato peraltro prevedibile della deregulation di un mercato che non considera la qualità come un obiettivo da salvaguardare per la credibilità della nostra professione, essenziale per la tenuta degli stessi conti aziendali.
Si è preferito impoverire il mestiere del giornalista mandando a casa con la legge 416 esperienze fondamentali e indispensabili. Si è creduto di potere arginare la caduta con tagli e abbattimento tout-cour del costo del lavoro. Tutti prezzi altissimi pagati dai giornalisti senza avere nulla in cambio. Ma torniamo a noi.
L’EX FISSA NON E’ UN PRIVILEGIO
E’ mia convinzione che la ex fissa non sia un privilegio, ma un diritto che con il contratto del 2014 è stato frantumato attraverso uno stillicidio che ha messo a dura prova la pazienza dei diretti interessati.
Ricordiamolo. Fino a quel momento chi andava in pensione era inserito in una graduatoria che nel giro di 5 anni ti garantiva l’erogazione piena di quanto maturato in anni di lavoro. Certo non erano più i tempi nei quali la ex fissa ti era pagata per intero al momento del pensionamento, ma ancora una tutela era riconosciuta. Dal 2014 no. Si è azzerato tutto dicendo che la ex fissa sarebbe stata data in un arco di tempo lunghissimo (10-12 anni) con rate annuali. Già in quella occasione lo sconcerto fu tanto, ma alla fine – gioco forza – ci si adeguò.
Da dicembre 2017 le cose però sono ancora cambiate perché i calcoli del 2014 si sono dimostrati sbagliati. Tanto per dirne una all’epoca si disse che da quel momento in poi non ci sarebbero stati più prepensionamenti! Roba da non crederci. C’erano gli editori a quel tavolo!!!!
PRENDI LA META’ DEL MALLOPPO E SCAPPA
Per uscire da questo impasse la Commissione paritetica Fieg-Fnsi ha deciso di avviare un nuovo corso, quello del “prendi metà del malloppo e scappa”!
Scusate l’ironia, ma questa vicenda ha del grottesco. Le informazioni sono arrivate tardi, nonostante già da novembre 2017 circolasse la voce che la rata annuale non sarebbe stata pagata. La Commissione ha scongiurato questo pericolo pagandola a fine gennaio 2018, ma con una decurtazione non indifferente livellandola per tutti a tremila euro lordi. E – udite, udite – come anticipo della liquidazione della metà del capitale. Ha infatti proposto ai 1948 colleghi in attesa da diversi anni di essere pagati, la possibilità di non attendere ancora a lungo con in più la quasi certezza di non vedere nulla per esaurimento del Fondo oramai in liquidazione. Avrebbero così potuto vedersi liquidati entro il 2018 (o in tre o cinque anni) , ma rinunciando al 50 per cento del capitale (che scendeva al 45 o 40 per cento negli altri due casi) il tutto affidato a una lettera fotocopia, senza alcuna spiegazione e informazioni utili per la scelta dei colleghi chiamati ad esprimere la proprio opzione praticamente al buio e in tempi brevissimi.
Si è scatenato giustamente il putiferio, l’indignazione ha prevalso anche fra chi – più pacatamente – aveva in passato responsabilmente pazientato. Ha protestato e chiesto chiarimenti il sindacato giornalisti pensionati. Si è costituito un Comitato ex fissa che anche con il sostegno di Stampa romana, ha cercato di riportare entro binari accettabili di confronto la vicenda.
L’ULTIMO ATTO
Dopo trent’anni dalla sua istituzione – era il 1985 – la ex fissa recita così il suo ultimo atto: è in via di liquidazione. Gli editori pagheranno all’Inpgi un interesse annuo del 4,8 per cento (circa 200 mila euro) per i soldi che ha anticipato e poi discorso chiuso.
Che fine indecorosa, come un brutto ricordo che si nasconde in fondo a un armadio, un prezzo alto pagato da tutti sul fronte della credibilità e della difesa che ciascun sindacato deve esercitare per la salvaguardia di un diritto. Non posso perciò non chiedermi se esistesse una strada diversa che evitasse questa fine. Penso di sì perché se è vero che alcuni dei meccanismi per la quantificazione della ex fissa erano perversi sin dall’inizio (per chi è interessato ad approfondire sul sito della Fnsi troverà un articolo di Raffaele Lorusso che lo spiega nel dettaglio) è anche vero che i vertici sindacali si sono rimpallati le responsabilità nel tempo senza porre rimedio alla catastrofe annunciata.
QUEL SINDACATO INADEGUATO
Mi tocca dirlo ma un certo sindacato ha mostrato la sua inadeguatezza. Si è fatto ricattare dagli editori che ci hanno ricambiato non assumendo, ma con altri e sempre più pesanti prepensionamenti. Per questo credo che siamo di fronte ad una sconfitta che ci riguarda tutti, perché i diritti vanno difesi per tutti, giovani, vecchi, quasi vecchi, senza contrapposizioni interne che vanificano il compito del sindacato.
Questa vicenda deve essere occasione di riflessione anche oggi che sembra archiviata, perché senza populismo e senza arroccamenti (come si diceva una volta..) essa è emblematica di un cedimento “strutturale”, di un indebolimento che ci colpisce tutti. Il sindacato deve riacquistare forza e deve farlo facendo fino il fondo il suo mestiere a partire dalla difesa dei diritti maturati.
E LE PENSIONI?
Concludendo non posso non porre l’accento su un altro aspetto importante: ma i soldi per pagare le pensioni ci sono? E fino a quando? Se ne dibatte con preoccupazione da tempo. L’inpgi ha un buco di bilancio consistente e se si continua così sarà difficile farvi fronte. Se i contributi versati calano i soldi in cassa diminuiscono. La soluzione è elementare: se non si torna ad una professione meno precaria, se non aumentano gli occupati e le loro retribuzioni e la categoria non è adeguatamente rappresentata sarà un intero sistema a crollare. Pensiamoci e attrezziamoci per tempo.
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