La sicurezza sul lavoro e la Rai

Cavallo Rai mazzini

di Lazzaro Pappagallo, Giunta Fnsi e dipendente Rai

“Toccherà a me”? Oppure “che succede”? O anche “indago quel disturbo o faccio finta di niente”? La conclusione, dopo aver fissato un punto non ben identificato davanti a sè, è pensare al sommario, al proprio impegno quotidiano e andare avanti.

Quello che ho raccontato è l’atteggiamento dei lavoratori Rai di fronte alle recenti vicende di colleghi colpiti da cancro. Al racconto televisivo di Franco di Mare, inviato, conduttore di Unomattina e direttore di Raitre, si è aggiunta la notizia della morte di Mariusz Marian Sodkiewicz per mesotelioma pleurico. 62 anni, una ventina di anni di lavoro in azienda, aveva denunciato ai magistrati di piazzale Clodio la sovraesposizione da fibre di amianto che gli avrebbe causato il tumore. La sede era il palazzo storico di viale Mazzini.

La procura indaga per lesioni personali colpose
Due vicende forse diverse. Di Mare aveva incontrato altri pericoli per la salute nel lavoro da inviato in zone di guerra, respirando veleni ed essendo esposto anche a uranio impoverito, firmando reportage per quella redazione degli esteri del tg2 che aveva subito negli anni scorsi perdite importanti per malattie improvvise. Tuttavia entrambe pongono una questione seria e concreta per l’azienda di servizio pubblico.

E’ necessario che Rai garantisca ai dipendenti la sicurezza mentre lavorano.
Affermazione scontata e apodittica non fosse per il ruolo centrale e sacrosanto che il servizio pubblico propone al nostro paese nel denunciare le morti sul lavoro e le condizioni di insicurezza produttive del sistema paese, in sostanza il mancato rispetto dell’articolo 1 della Costituzione.

Per farlo in modo inattaccabile è necessario partire dal proprio interno.
Non mancano gli esempi positivi. Il Covid ha dimostrato come tutte le organizzazioni sindacali abbiano collaborato con l’azienda per creare percorsi protetti che sostanzialmente hanno funzionato, limitando contagi e malattie irreversibili.

Quella era una emergenza più evidente. Questa dell’amianto (e in minima parte le missioni all’estero naturalmente non controllabili al cento per cento per il lato aziendale) è una vicenda più carsica, dura infatti da molto tempo ma deve scuoterci e deve scuotere anche il mondo sindacale dai confederali ad Usigrai.

Vale per viale Mazzini per i lavori già fatti di bonifica e per quelli eventualmente previsti, partendo da una informativa chiara ai dipendenti e ai lavoratori della sede centrale sullo stato dell’arte, da affidare non solo al portale interno, perdendosi così nel mare di altre comunicazioni. Ma andrebbe estesa anche agli altri cespiti aziendali, Saxa rubra inclusa, senza trascurare altre insidie legate alla missione radiotelevisiva dell’azienda.

Su questo punto, non solo per rispetto dei colleghi che hanno denunciato o sono morti, chiediamo anche a chi si candida come componente del Cda scelto dai dipendenti di farsi carico della questione, di attrezzare immediatamente indagini anche epidemiologiche adeguate, di non essere inerti e di lavorare perchè la Rai sia testimone e garante di sicurezza.

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